Secondo un’indagine dell’ Osservatorio Sanità Unisalute quasi un italiano su tre ha rinunciato a cure e a controlli dal dentista. Tre proposte per tentare una soluzione a questa grave situazione.
In certe aree urbane e sociali questo rapporto è da considerarsi sottostimato. Infatti, se negli studi dentistici con clientela in grado di fronteggiare l’attuale crisi economica il rapporto è realistico, non lo è, invece, in quegli studi con pazienti appartenenenti a quelle categorie sociali dove la crisi ha colpito più duramente. In quelle aree il rapporto si sposterebbe su valori vicini a due su tre. Un dato che fa impressione. Che fare?
Come tutti gli scenari complessi e problematici non esiste la ricetta magica che risolva tutto in poco tempo, perché i fattori in gioco sono molteplici. Fattori esterni macroeconomici legati per esempio al solo fatto di aderire al trattato di Maastricht e fattori microeconomici come per esempio la diminuita capacità delle famiglia di spendere. Per indicarne solo due.
Per illustrare qualche proposta che non sia utopica dobbiamo prima di tutto ricordare la matrice medica dell’odontoiatria e fare un minimo riferimento alle caratteristiche dell’odontoiatria italiana. Molto probabilmente saranno proposte considerate anacronistiche, se non dannose, proprio da coloro che sono quasi riusciti a trasformare in qualcos’altro l’odontoiatria e, peggio ancora, non vivono la vera odontoiatria. Quella del professionista curvo sui pazienti almeno otto ore al giorno.
Il fatto che che l’odontoiatria sia un’importante specializzazione della medicina mette subito in chiaro una cosa. E cioè che deve sottostare un’etica medica e non una commerciale. Gran parte dei problemi dell’odontoiaria attuale nascono dal fatto che l’etica commerciale si stia appropriando della medicina. Sia i sanitari e sia i pazienti dovrebbbero opporsi a questa tendenza. Ne abbiamo parlato qui.
Le caratteristiche dell’odontoiatria italiana sono prevalentemente dello studio privato mono e biprofessionale, i grossi centri come le catene dentali con marchi sono in netta minoranza ma non per questo poco influenti nel panorama dell’odontoiatria italiana. Ma non hanno elevato l’accesso alle cure dentali degli italiani e sono gli attori principali dell’indirizzo sempre più commerciale dell’odontoiatria, perché sono prima di tutto aziende che devono prima di fare profitto. Ne abbiamo parlato qui.
Proposte
- Creare un tetto al buget pubblicitario nell’odontoiatria. Per non mettere in vantaggio solo chi dispone più risorse finanziarie a parità di qualità di prestazione. Un’anomalia tutta odontoiatrica. Non risulta infatti che esistano strutture che pubblicizzino gastroscopie o Pap-test.
- Elevare almeno al 50% la deducibilità delle ricevuta sanitaria del dentista. Storicamente l’odontoiatria italiana, salvo eccezioni limitate, non è mai stata convenzionata con il sistema sanitario. Questo provvedimento sarebbe una giusta compensazione a questa iniquità.
- Definire in maniera chiara una nuova figura giuridica d’impresa il cui statuto prevada l’erogazione di terapie mediche e odontoiatriche dove i due terzi dei titolari della quote societarie siano iscritti agli albi medici pertinenti. Questa proposta è migliorativa agli emandamenti già proposti dall’ANDI. O, in alternativa, gli iscritti agli albi abbiano potere decisionale ultimo sugli indirizzi terapeutici della struttura in cui operano.
Riteniamo che queste proposte rispettino sia le esigenze degli studi professionali e sia quelle di un mercato liberalizzato che prevede forti aggregazioni di capitali, e rende un po’ più accessibile alle cure dentali i cittadini. E non ultimo, tiene conto che l’erogazione di cure dentali richiedono una collocazione particolare e di attenzione all’interno di un’impresa privata, essendoci in oggetto la salute dei cittadini.